di Redazione
18 Aprile 2016
La Corte di Giustizia UE valuterà la conformità delle proroghe alle concessioni

Il coordinamento No Triv accoglie la volontà di 13 milioni di italiani e rilancia la richiesta di moratoria delle cinque concessioni scadute chiedendo che vengano immediatamente bloccate. Mentre il Ministro delle Riforme Boschi bolla il referendum del 17 Aprile come una spesa inutile, il Movimento No Triv non si arrende. Probabilmente il quorum si sarebbe potuto raggiungere se solo il referendum fosse stato accorpato alle amministrative. Ma a quanto pare, come Renzi ha ribadito, anche se ci fosse stata la volontà di farlo, ci sarebbe comunque stato un impedimento legislativo.

Quorum a parte, a detta del costituzionalista e promotore No Triv Enzo Di Salvatore, non solo il referendum ma anche la legge che il referendum avrebbe potuto abrogare potrebbe costarci caro.

In altre parole, l’art. 6 comma 17 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che regola la durata di vita utile del giacimento, è in netta contraddizione con la Direttiva europea 94/22/CE a cui l’Italia ha aderito rispondendo con il decreto legislativo del 25 novembre 1996, n. 625.

Si tratta della normativa che regola le condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi garantendo il rispetto della libera concorrenza nella limitazione delle proroghe alle autorizzazioni in via del tutto eccezionale. Se l’Italia rispettasse le regole, non potrebbe estendere le autorizzazioni scadute. Prorogando le concessioni fino alla fine della vita naturale del giacimento, l’Italia vìola la Direttiva europea andando incontro al sanzionamento.

Resta da chiedersi se per una volta a pagare saranno solo i cittadini o se invece osteggiare il referendum sulle trivelle dopo le dimissioni dell’ex ministro dello sviluppo economico Guidi, abbia del tutto smarcato Renzi dalla figura del rottamatore che lo contraddistinse ai tempi delle europee.

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