Il 14 novembre 2018 i Ministri dell’Ambiente di 10 Paesi europei (Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia) hanno consegnato una lettera al Commissario europeo per l’azione per il clima e l’energia Miguel Arias Cañete in cui chiedono che l’Unione Europea s’impegni per zero emissioni nette di gas serra entro il 2050. L’obiettivo della comunicazione era esortare Bruxelles a stabilire obiettivi più spinti alla sua strategia a lungo termine che è stata presentata il 28 novembre e che accoglie pienamente la richiesta ricevuta.
Infatti il vicepresidente Maroš Šefčovič, responsabile per l’Unione dell’energia, ha dichiarato: «Non è possibile vivere in sicurezza su un pianeta in cui il clima è fuori controllo. Ma ciò non significa che per ridurre le emissioni dovremo ridurre anche il livello di vita degli europei. Negli ultimi anni abbiamo dimostrato come sia possibile ridurre le emissioni, creando al contempo ricchezza e nuovi posti di lavoro di qualità a livello locale e migliorando la qualità della vita dei cittadini. È inevitabile che l’Europa continui a trasformarsi. La nostra strategia dimostra ora che è realistico rendere l’Europa prospera e a impatto climatico zero entro il 2050, senza lasciare indietro nessun cittadino o regione europea.»
È del 6 settembre, invece, la pubblicazione dell’ISPRA “Emissioni nazionali di gas serra: indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi Europei” dove si afferma che «…quello italiano è uno dei sistemi energetici più efficienti d’Europa e a minor impatto ambientale in termini di emissioni di gas serra. Un traguardo importante soprattutto se si considera che in molti paesi europei si ricorre ancora ad un forte utilizzo del nucleare».
Anche se, sempre l’ISPRA, nella sua “Analisi dei dati sulla stima trimestrale delle emissioni in atmosfera di gas serra del Giugno 2018” ne stima un incremento «dovuto principalmente ai settori dei trasporti (1,3%) ed in particolare del consumo di gasolio per il trasporto su strada (2,8%), e del riscaldamento (3,1%)».
Sarà per questo che Edo Ronchi, Ex ministro dell’Ambiente e presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, in un’intervista al Manifesto ribadisce «Smettiamola di dire che l’Italia ha fatto la sua parte per il clima, anzi che avrebbe fatto meglio degli altri Paesi. Fino al 2014 le emissioni di gas serra in Italia, anche per effetto della recessione economica, sono scese di circa il 17% rispetto a quelle del 1990. Dal 2014, con la ripresa, sia pure lenta, dell’economia, le emissioni di gas serra in Italia non sono più diminuite: negli ultimi 4 anni sono rimaste ferme o sono aumentate, arrivando intorno a 430 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, un valore più alto delle emissioni del 2014».
In questo quadro, che può sembrare schizofrenico, forse la cosa più importante è fare un passo indietro e capire di cosa stiamo parlando, ovvero, quali e cosa sono i gas serra.
Il gas serra (o gas climalterante) è un tipo di gas presente nell’atmosfera che si comporta in un modo simile a quello del vetro in una serra: assorbe l’energia solare e il calore irradiato dalla superficie terrestre, intrappolandolo nell’atmosfera.
Questo processo è alla base dell’effetto serra che, mantenendo la temperatura sulla Terra più elevata rispetto a come sarebbe in sua assenza, crea le condizioni favorevoli alla vita sul pianeta. Molti gas effetto serra sono naturalmente presenti nell’atmosfera, tuttavia l’attività umana ne aggiunge una quantità talmente elevata da potenziare l’effetto serra che contribuisce al surriscaldamento globale.
Gas serra contemplati dal Protocollo di Kyoto
Biossido di carbonio o anidride carbonica (CO2) deriva da:
– Combustione di carburanti e combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone), produzione di cemento
– Disboscamenti/dissodamenti mediante incendi ai tropici
Tempo di permanenza nell’atmosfera: da 100 a 150 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: 1
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 81.9%
Metano (CH4) deriva da:
– Agricoltura (ruminanti e concimazione)
– Gestione di rifiuti (discariche, compostaggio, fermentazione, depurazione delle acque di scarico)
– Utilizzo di vettori di energia fossili
Tempo di permanenza nell’atmosfera: 12 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: 25
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 10%
Protossido di azoto o gas esilarante (N2O) derivano da:
– Agricoltura (terreni e concimazione)
– Piccole percentuali imputabili alla conversione di energia, industria e depurazione delle acque di scarico
Tempo di permanenza nell’atmosfera: 114 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: 298
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 4,2%
Idrofluorocarburi (HFC) – Gas serra sintetico derivano da:
– Prodotti refrigeranti, agenti schiumogeni, propellenti per bombolette spray, solventi
Tempo di permanenza nell’atmosfera: da 0,3 a 270 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: da 12 a 14.800
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 3,69%
Perfluorocarburi (PFC) – Gas serra sintetico derivano da:
– Fabbricazione di semiconduttori, solventi, vettori termici
Tempo di permanenza nell’atmosfera: da 2.600 a 50.000 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: da 7.390 a 12.200
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 0,41%
Esafluoruro di zolfo (SF6) – Gas serra sintetico derivano da:
– Isolatori per linee elettriche ad alta tensione, pressofusi in alluminio e magnesio, fabbricazione di semiconduttori
Tempo di permanenza nell’atmosfera: 3.200 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: 22.800
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 0,09%
Trifluoruro di azoto (NF3) – Gas serra sintetico derivano da:
– Industria elettronica
Tempo di permanenza nell’atmosfera: 740 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: 17.200
Percentuale rispetto ai gas serra emessi in Italia (dato 2016 ISPRA**): 0,01%
(**) Fonte
National Inventory Report 2018 – Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2016
Da un’analisi di sintesi della serie storica dei dati di emissione dal 1990 al 2016, si evidenzia che le emissioni nazionali totali dei sei gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 17.5% nel 2016 rispetto al 1990.
In particolare, le emissioni complessive di CO2 sono pari all’81.9% del totale e risultano nel 2016 inferiori del 20.4% rispetto al 1990. Le emissioni di metano e di protossido di azoto sono pari a circa il 10.0% e 4.2% del totale, rispettivamente, e presentano andamenti in diminuzione sia per il metano (-11.1%) che per il protossido di azoto (-32.1%).
Gli altri gas serra, HFC, PFC, SF6 e NF3, hanno un peso complessivo sul totale delle emissioni che varia tra lo 0.01% e il 3.4%; le emissioni degli HFC evidenziano una forte crescita, mentre le emissioni di PFC decrescono e quelle di SF6 e NF3 mostrano un lieve incremento. Sebbene tali variazioni non sono risultate determinanti ai fini del conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, la significatività del trend degli HFC potrebbe renderli sempre più importanti nei prossimi anni.
Gas serra non contemplati dal Protocollo di Kyoto
Clorofluorocarburi (serie dei CFC, degli halon e degli HCFC)*** derivano da:
– Industria elettronica
Tempo di permanenza nell’atmosfera: da 1,3 a 1.700 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: oltre 10.000
(***) L’utilizzo di queste sostanze è limitata o vietata dal Protocollo di Montreal in quanto si tratta di gas che impoveriscono lo strato di ozono. Il 15 ottobre 2016 a Kigali (Ruanda), alla 28esima Riunione delle Parti, i 197 Paesi, Parti del Protocollo di Montréal, hanno approvato un emendamento che sancisce l’eliminazione progressiva della produzione e dell’utilizzo degli idrofluorocarburi (HFC).
L’uso di gas HFC era stato introdotto, a seguito dell’adozione del protocollo di Montréal nel 1987, in sostituzione dei clorofluorocarburi, principali responsabili della distruzione dello strato di ozono. Successivamente è stato tuttavia constatato che gli HFC, pur non essendo sostanze ozono-lesive, sono potenti gas serra che possono avere un impatto sul cambiamento climatico migliaia di volte maggiore rispetto all’anidride carbonica.
Grazie all’emendamento di Kigali, le Parti si sono impegnate a ridurre la produzione e il consumo di HFC di oltre l’80% nel corso dei prossimi 30 anni. Tale programma di riduzione dovrebbe impedire il rilascio in atmosfera di emissioni equivalenti a oltre 80 miliardi di tonnellate metriche di anidride carbonica entro il 2050, continuando al tempo stesso a proteggere lo strato di ozono. In questo modo il Protocollo di Montreal contribuirà alla lotta al cambiamento climatico in linea con l’Accordo di Parigi.
La 31° Riunione delle Parti del Protocollo di Montréal sarà nel 2019 a Roma, sarà quindi nel nostro Paese che tutti le Nazioni del mondo si ritroveranno l’anno prossimo per continuare a discutere di come procedere nella fondamentale salvaguardia dello strato di ozono che garantisce la protezione della vita sulla terra, e sulle modalità con cui il Protocollo di Montreal potrà contribuire all’attuazione dell’Accordo di Parigi.
Nuove sostanze climalteranti
Idrofluoroeteri (HFE) derivano da:
– Solventi, vettori termici
Tempo di permanenza nell’atmosfera: da 0,2 a 136 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: da 11 a 14.900
Fluoruro di solforile (SO2F2) deriva da:
– Pesticidi
Tempo di permanenza nell’atmosfera: 36 anni
Potenziale di riscaldamento globale (GWP)*: 4.780
(*) È la misura numerica dell’impatto relativo dei singoli gas serra rispetto al CO2. L’anidride carbonica è stata scelta dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) come gas di riferimento e il suo GWP è 1. Più alto è il valore di GWP, più quel gas particolare riscalda la Terra rispetto all’anidride carbonica.