Cassazione: stop al pettegolezzo, è diffamazione
A riferire le ”voci di vicinato” si rischia una condanna per diffamazione. Come è capitato ad un uomo di 65 anni di Piedimonte Matese (Caserta) che si è visto confermare dalla Cassazione il pagamento della multa da 300 euro, più il risarcimento del danno e le spese, per aver ”riferito a più persone” la presunta relazione extraconiugale di una donna. La quinta sezione penale della Cassazione, ne ha respinto il ricorso, confermando una sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Piedimonte Matese.
A sua discolpa il ricorrente aveva addotto che nel giudizio di merito fosse stata ritenuta esistente un’offesa della reputazione ”nonostante che la notizia di una relazione fosse diffusa nel vicinato e che nessuno l’avesse mai contestata”. La Suprema Corte ha però ribadito il proprio orientamento in tema di diffamazione: il gossip condominiale rappresenta lesione delle reputazione ”non solo l’attribuzione di un fatto illecito” ma anche ”la divulgazione di comportamenti che alla luce dei canoni etici condivisi” possono ”incontrare la riprovazione della communis opinio”.
La Notizia non doveva essere divulgata
Nella sentenza depositata dai giudici si legge: “Se la tutela dell’onore trova radice nella dignità sociale che la Costituzione riconosce a ciascuno (articolo 2), con pari forza (art.3), tanto da costituire limite alla stessa iniziativa economica (art.41, comma 2) non vi è dubbio che la riservatezza come limite alla curiosità sociale “gossip” è tutta scritta in controluce nell’articolo 15 della Costituzione”. La riservatezza, come la dignità, può secondo i giudici cedere dinanzi al pubblico del condominio interessa della notizia “ma non può ammettersi che ciò avvenga oltre la soglia imposta dalla destinazione della notizia a soddisfare un bisogno sociale”.
Insomma, secondo la Cassazione, anche se “in ipotesi la notizia della relazione extraconiugale fosse stata vera, non per questo poteva essere divulgata” dal 65enne condannato.
Cornuto! Perchè il marito tradito si chiama così
Cornuto: un insulto comune, nell’italiano parlato. L’etimologia del termine, però, è (quasi) da tutti sconosciuta. Perchè mai un marito che ha subito un tradimento viene definito proprio così? Scopriamolo insieme…
Qualcuno suggerisce che l’aggettivo cornuto, nel senso di tradito, derivi dal maschio della capra (detto anche becco: da qui le espressioni “far becco”, “essere becco”) la cui compagna è nota per la disinvoltura con cui cambia partner.
Nonostante questo, antico tempo, le corna erano simbolo di vitalità, virilità, coraggio, audacia: gli dei venivano rappresentati con le corna sul capo e per imitazione i regnanti le inserivano nei loro diademi. Anche i guerrieri ornavano con le corna di capro i loro cimieri. Perchè poi, dopo secoli, il termine “cornuto” è scaduto fino a divenire quasi il peggiore tra gli insulti?
Molti studiosi hanno cercato di capire dove e quando l’espressione “avere le corna” e l’aggettivo cornuto hanno cominciato ad avere il significato ingiurioso attuale. Secondo alcuni, fu a Costantinopoli al tempo dell’imperatore Andronico Comneno (1120 circa -1185). Si racconta che questi usasse rendere noti i suoi successi amorosi facendo appendere nei luoghi più frequentati della capitale le teste dei cervi da lui uccisi a caccia. Ma è un’ipotesi, e la questione è ancora aperta a nuove interpretazioni etimologiche e storiche.
Il cornuto di oggi può quindi rivendicare un appellativo una volta nobile. Per il tradimento subito, purtroppo, vocabolario e libri di storia etimologica, offrono pochi rimedi. Il cornuto resta tale…