di Redazione
19 Giugno 2024
Chi combatte i “dogmi della sostenibilità” non capisce che il mondo sta cambiando

Quasi sessant’anni fa, quando ero capo ufficio stampa della Esso Standard Italiana (sì, nell’era dei fossili ho fatto anche questo e le grandi imprese operanti in Italia all’epoca davano fiducia a giovani poco più che ventenni), accompagnai un gruppo di giornalisti economici a visitare a uno strano impianto a Grenoble.

La Guerra dei sei giorni (1967) era finita da poco, Israele occupava ancora tutto il deserto del Sinai fino alla sponda del Canale di Suez. Per ritorsione, il governo egiziano aveva chiuso la via d’acqua, un blocco che sarebbe durato fino al 1975. Le compagnie petrolifere dovettero correre ai ripari e attrezzarsi con grandi navi in grado di abbattere i costi della circumnavigazione africana. Cominciò così l’epoca delle super petroliere, che oggi possono arrivare a trasportare oltre 500mila tonnellate di greggio e costituiscono terribili minacce per il futuro degli oceani. Negli anni ‘60 però, già un supertanker da 100mila tonnellate era considerato una nave enorme, difficili da maneggiare, anche in considerazione della ridotta elettronica di navigazione dell’epoca. Così, a Grenoble, in un laghetto attrezzato con segnali marini di vario genere, i futuri capitani di queste navi si calavano in barchette di un paio di metri che in proporzione avevano gli stessi limiti di manovrabilità di una superpetroliera, con tutte le difficoltà nel cambiare rotta, avvicinarsi a un molo ed evitare collisioni.

Questi ormoni alle prese con barchette impacciate mi sono tornati in mente ascoltando l’intervento di Giampiero Massolo al convegno conclusivo del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Il presidente dell’Ispi, ex segretario generale della Farnesina ed ex responsabile dei nostri servizi segreti, con la sua grande esperienza geopolitica ha rovesciato l’impostazione abituale sulle strategie necessarie per raggiungere i nostri obiettivi. Siamo tutti impegnati a raccomandare ai governi e alle Nazioni Unite quello che dovrebbero fare per garantire un futuro sostenibile, ma dobbiamo considerare le difficoltà di manovra di tutti i politici nel pilotare Paesi con forti resistenze al cambiamento. Che si parli di difesa o di immigrazione, di sacrifici per combattere la crisi climatica o di interventi fiscali per una maggiore giustizia sociale, nessun leader è in grado di guidare il proprio Paese in modo adeguato ai tempi, se è condizionato dalla zavorra di un’opinione pubblica poco informata e refrattaria a nuovi sacrifici. Soprattutto in democrazia.

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Biografia di Donato Speroni

Giornalista e scrittore. È stato vicedirettore del settimanale Il Mondo, direttore centrale per le relazioni esterne dell’Eni e responsabile immagine dell’Istat. Ha insegnato per 15 anni Economia e statistica all’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino. Tra i suoi ultimi libri, “L’intrigo saudita – la strana storia della maxitangente Eni-Petromin” (Cooper 2009), “I numeri della felicità” (Cooper 2010), “2030 La tempesta perfetta –Come sopravvivere alla grande crisi” (con Gianluca Comin, Rizzoli 2012). “Un mondo sostenibile in 100 foto” (con Enrico Giovannini e la photo editor Manuela Fugenzi, Laterza 2019). Sul sito del Corriere della Sera tiene il blog “Numerus”. È Senior Expert dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

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