Antropocene, come non fare la fine dei fossili
Negli ultimi 200 anni, l’azione dell’uomo ha avuto un effetto talmente impattante sul pianeta da spingere il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen a coniare il termine di antropocene: un’era geologica contraddistinta da processi azionati dall’uomo ma paragonabili a quelli naturali per potenza e vastità. Secondo questa visione, l’uomo ha avuto il ruolo di acceleratore e amplificatore dei processi naturali. Per questo motivo, le ultime generazioni saranno le prime nella storia del mondo le cui scelte produrranno un lascito permanente sul pianeta, per il quale le generazioni successive avranno motivo di covare rancore.
Come siamo entrati nell’Antropocene e come non far la fine dei fossili. E se fosse proprio l’uomo a far finire il mondo, almeno quello ospitale che ci è familiare da qualche millennio? Quali minacce ambientali la nostra specie ha creato e cosa può fare concretamente ognuno di noi per limitarle? Si chiama Antropocene: l’epoca geologica in cui l’ambiente è fortemente condizionato dall’azione umana. Intanto la CO2 ha raggiunto cifre da record. L’Organizzazione mondiale della meteorologia certifica che nel 2015 è stata superata la soglia delle 400 parti per milione.
Il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli ci ricorda che è prioritario “Prendere coscienza della dimensione epocale della crisi ambientale e del fatto che bisogna agire subito per rimediare, se non vogliamo che i cambiamenti in corso siano irreversibili; comprendere la necessità di esplorare un nuovo paradigma economico radicalmente sostenibile e d’informare il pubblico in modo efficace e incisivo, senza tentennamenti e ambiguità”.
Sfide ambientali per il vostro futuro
“La Terra è l’unico pianeta che abbiamo e ha risorse limitate che dobbiamo salvaguardare. Il cambiamento climatico prodotto dalle attività umane, che fa prefigurare un aumento termico di 5 gradi entro il 2100, l’urbanizzazione, il consumismo, l’aumento della popolazione mondiale, che entro il 2050 potrebbe arrivare addirittura a 9 miliardi di abitanti: sono fattori di rischio che bisogna affrontare subito. Non c’è tempo da perdere” – spiegato Luca Mercalli. – Consapevolezza, conoscenza e informazione, grazie alla scuola ma anche alla rete, sono le prime armi che abbiamo a vostra disposizione. Quindi cerchiamo di condividere più informazioni che si può, creiamo gruppi e confrontiamoci sui social network, facciamo sentire la nostra voce, perché quella contro i cambiamenti climatici è una sfida determinante per il nostro futuro”.
Il Rapporto EEA sui cambiamenti climatici in Europa
L’Agenzia ambientale europea (EEA, European Environment Agency) ha pubblicato la quarta edizione (2016) del rapporto “Climate change, impacts and vulnerability in Europe”, aggiornato ogni quattro anni per fare il punto – attraverso numerosi indicatori – sui cambiamenti climatici in atto e previsti, i loro impatti su ambienti, società ed economia del continente, e sullo stato delle politiche di adattamento nazionali e comunitarie.
Ecco alcuni tra i contenuti-chiave del rapporto:
– In Europa le temperature medie annue del periodo 2006-2015 sono state circa 1,5 °C più elevate rispetto ai livelli preindustriali, ed è atteso un ulteriore incremento futuro a un tasso più rapido rispetto alla media globale.
– Negli ultimi decenni gli eventi pluviometrici intensi sono aumentati, soprattutto in Europa settentrionale e nord-orientale.
– La probabilità di accadimento di ondate di calore e altri dannosi estremi meteo-climatici verificatisi di recente è significativamente aumentata come conseguenza dei cambiamenti climatici antropogenici.
– La quasi totalità dei ghiacciai europei è in regresso, inoltre l’estensione della copertura nevosa nell’emisfero boreale è fortemente diminuita dagli Anni 1920, e più vistosamente dagli Anni 1980.
– L’intensità e la frequenza delle siccità paiono essere aumentate soprattutto in Europa meridionale e sud-orientale.
– Risvegli primaverili più precoci sono stati osservati in molte specie vegetali, e la stagione di emissione dei pollini allergenici comincia prima ed è più duratura.
– Molte specie viventi hanno spostato i loro areali di distribuzione verso Nord e verso quote più elevate sulle montagne, in risposta all’aumento termico, e si prevede che questa tendenza prosegua in futuro.
Pubblicato su Nimbus il 9 febbraio 2017.
Biografia di Luca Mercalli
Luca Mercalli (Torino, 1966) ha studiato scienze agrarie in Italia e climatologia in Francia, paese al quale deve molto della sua eclettica formazione scientifica e intellettuale.
Presiede la Società meteorologica italiana, associazione costituita nel 1865. Ha fondato la rivista «Nimbus», ha pubblicato molti lavori scientifici su clima e ghiacciai e articoli divulgativi su «la Repubblica», «La Stampa», «Donna Moderna» e «Gardenia».
Dal 2003 (e per 11 anni consecutivi) ha fatto parte del cast fisso della popolare trasmissione Che tempo che fa (Rai3) dove ha introdotto i suoi brevi e incisivi commenti sullo stato del pianeta e della società. Dal 2005 ha presentato le previsioni meteo di TG Montagne (Rai2), e ha condotto le 12 puntate di Scala Mercalli (in prima serata su Rai 3 nel 2015 e 2016). Ora lavora per Rainews24 : Pillole di Mercalli . Durante gli ultimi vent’anni ha testimoniato e spiegato la crisi climatica ed energetica in oltre 1600 conferenze per il grande pubblico e seminari per la scuola e l’università.
Ha pubblicato diversi libri, tra i quali: Le mucche non mangiano cemento (Sms 2004), Filosofia delle nuvole (Rizzoli 2008), Che tempo che farà (Rizzoli 2009) e Viaggi nel tempo che fa (Einaudi 2010), Prepariamoci (Chiarelettere 2011), Il mio orto tra cielo e terra (Aboca, 2016). Vive e lavora in Val di Susa, in una piccola casa con orto, alimentata da energia solare.